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ULTIMISSIME - Dicembre 2013

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31 dicembre 2013
LA DENUNCIA
Prima o poi doveva accadere. Il Ministero dello Sviluppo Economico è sotto indagine dalla Procura di Roma a seguito della denuncia presentata lo scorso giugno dall'editore di Telestudio di Roma, Marcello Tulli: la sua emittente, tra le più note e seguite del Lazio con oltre 30 anni di attività ininterrotta, è stata esclusa dalla graduatoria per l'assegnazione del canale e quindi disattivata lo scorso dicembre 2012.
Nell'articolo di Valeria Di Corrado apparso su "Il Tempo" del 20 dicembre scorso, si parla di «Una gara truccata dove alcuni concorrenti raggruppati in consorzi, evidentemente con copertura all’interno del ministero, hanno alterato e pilotato l'assegnazione delle frequenze».
"Due funzionari del dipartimento per le Comunicazioni sono stati denunciati per turbativa di gara a evidenza pubblica, truffa, falso, occultamento di verbali, abuso di ufficio e omissione d'atti d’ufficio. Il pubblico ministero ha già assegnato alla polizia giudiziaria la delega alle indagini".

Noi del CONNA avevamo più volte affermato, in tempi non sospetti, che l'operazione "digitale terrestre" sarebbe stata fonte di guai per le emittenti locali (centinaia sono state infatti costrette a chiudere anche forzosamente mettendo sulla strada migliaia di lavoratori), a tutto beneficio delle grandi reti nazionali che hanno potuto moltiplicare la loro offerta televisiva (specie a pagamento) usando proprio gli ex canali "locali".
Gli esplicativi titoli apparsi sul nostro periodico "Nuove Antenne": "La truffa del digitale", "Digitale brutale", ecc. si sono purtroppo avverati nei fatti.
Crediamo sia opportuno ora da parte degli editori televisivi iscritti alla nostra organizzazione e anche coloro che semplicemente ci seguono da anni e che sono stati oggetto di abusi da parte dei funzionari ministeriali, di prendere la stessa coraggiosa iniziativa di Marcello Tulli, denunciandone le malefatte alla Magistratura e per mettere in discussione le poco chiare graduatorie.
Sarebbe utile anche prendere contatto con lo stesso Tulli e con i suoi legali per rendere più forte la denuncia e renderla collettiva.
Siamo certi che se un buon numero di soggetti inonderà di denunce le varie Procure italiane, i magistrati non potranno non esaminare a fondo la vicenda e prendere le decisioni opportune, anche l'eventuale azzeramento delle graduatorie per i diritti d'uso delle frequenze.
(Claudio Patrizi, CONNA)

A maggior completezza di quanto scritto, alleghiamo di seguito l'articolo di Valeria di Corrado.
 

Scoppia la bomba delle frequenze tv Gara sospetta allo Sviluppo Economico

Si è svolta senza commissione esaminatrice e senza verbalizzazioni la gara per riassegnare le frequenze televisive del digitale terrestre nella Regione Lazio, bandita dal ministero dello Sviluppo economico il 5 settembre 2012. «Una gara truccata - si legge in una denuncia presentata alla Procura di Roma - dove alcuni concorrenti raggruppati in consorzi, evidentemente con copertura all’interno del ministero, hanno alterato e pilotato l'assegnazione delle frequenze». Due funzionari del dipartimento per le Comunicazioni sono stati denunciati per turbativa di gara a evidenza pubblica, truffa, falso, occultamento di verbali, abuso di ufficio e omissione d'atti d’ufficio. Il pubblico ministero ha già assegnato alla polizia giudiziaria la delega alle indagini. Ma per l’avvocatura dello Stato i funzionari non sarebbero responsabili, perché la valutazione delle offerte sarebbe stata affidata a un computer, «senza l'intervento di mano umana».
A sporgere denuncia, lo scorso giugno, è stato Marcello Tulli, legale rappresentante di Telestudio srl, un'emittente televisiva che da circa 40 anni trasmette in gran parte dell'Italia centro-meridionale. «Il motivo che mi ha spinto a presentare questo atto - spiega Tulli - nasce dalle ingiuste e nefaste conseguenze che la vicenda ha provocato alla mia famiglia e a tutti i lavoratori che hanno collaborato con me e che ora non hanno più nulla». Le frequenze assegnate sono 17 e Telestudio, essendosi collocata al 22esimo posto della graduatoria, non può più mandare in onda le proprie trasmissioni e ha dovuto mettere in cassa integrazione tutto il personale (16 dipendenti, senza considerare i 200 collaboratori dell'indotto).
L'accusa nei confronti del ministero è pesante: «La gara si è trasformata in una trappola. I requisiti previsti dal bando, e prima ancora dalla legge, sono stati completamente falsati e distorti. Tutto è avvenuto nel più grande segreto al fine di premiare emittenti che non solo non esistono se non sulla carta, ma che sono state improvvisamente riunificate in 3, 4 o 5, moltiplicandone gli assets per farle vincere». Sulla base dell'articolo 4 del decreto legge n.34 del 2011 è stato infatti disposto il riordino del settore radiotelevisivo digitale, delegando al ministero dello Sviluppo economico l'assegnazione delle frequenze. Gli indici di valutazione previsti nel bando erano: l'entità del patrimonio al netto delle perdite, il numero dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato, l'ampiezza della copertura della popolazione e la priorità di svolgimento dell'attività nell'area. Per i primi due parametri a Telestudio è stato assegnato punteggio zero, pur avendo un patrimonio netto pari a 155 mila euro e la forza lavoro a tempo indeterminato più numerosa tra le società partecipanti.
«Tutta la procedura di gara e la selezione dei concorrenti risulta caratterizzata da gravi anomalie e palesi ingiustizie - si legge nella denuncia - L'apertura delle buste è avvenuta in seduta segreta. Gli stessi concorrenti hanno presentato più offerte. Il bando di gara è stato modificato e nessuna comunicazione è stata data ai partecipanti. Non si conoscono i componenti della commissione esaminatrice e non esistono verbali delle operazioni di gara. Per giunta, le tv concorrenti hanno presentato domande singole, poi accorpate dai funzionari per consentire la vittoria di queste improvvisate "concentrazioni" di emittenti create a tavolino». L'8 maggio Jean Paul de Jorio, uno dei legali del pool che assiste Telestudio (insieme al professor Filippo de Jorio, agli avvocati Filippo Longo e Alessandro Romiti), si è recato presso il ministero e la dirigente responsabile della gara gli avrebbe riferito che «la graduatoria era frutto non della valutazione di un'apposita commissione, ma dell'accorpamento delle domande presentate singolarmente dalle varie emittenti». Secondo l'avvocatura dello Stato tutta la procedura sarebbe stata affidata a un computer, senza l'intervento di mano umana. «Con il risultato - si legge nella denuncia - che Telestudio, pur essendo la più antica, più grande e più nota emittente nella regione Lazio, è stata estromessa a vantaggio di altre che, riunite insieme, sono state giudicate migliori».
Come esempio viene riportato il caso di Canale 7, posizionatasi prima in graduatoria, pur avendo un unico dipendente (per giunta part-time), soltanto 3 ripetitori in tutta la regione (di cui 2 nella stessa località a Monte Pilucco, vicino Terracina), una copertura della popolazione dello 0,8% e un patrimonio che la stessa società dichiara essere pari a zero. Nel consorzio, nato addirittura dopo la presentazione delle offerte, insieme a Canale 7 ci sono altre due emittenti: Televita, priva di patrimonio e dipendenti, e Telecapri, che disponeva di una copertura dello 0,7% della regione. «È stato annullato il confronto concorrenziale tra i partecipanti - si legge nella denuncia - privilegiando la costituzione di consorzi che hanno distorto la par condicio e alterato la segretezza delle offerte. Le Ati sono quasi sempre composte dalle stesse emittenti. Tvsl48, ad esempio, concorrendo alla gara singolarmente e in 4 consorzi, si è vista assegnare 3 frequenze». Poi ci sono i casi di emittenti che non avrebbero proprio potuto partecipare alla gara perché trasmettono solo in Campania, come nel caso di Televomero, o perché hanno una copertura del territorio regionale pari a zero, come per Teleromadue. Eppure entrambe sono arrivate terze in graduatoria.
Il ministero dello Sviluppo economico avrebbe poi negato ai legali di Telestudio il rilascio delle copie delle domande di partecipazione delle altre emittenti, con la «scusa» della privacy. È stata necessaria una sentenza del Tar del Lazio, emessa dalla prima sezione il 16 settembre scorso, per ottenere l'autorizzazione a prendere visione dei documenti. In quell'occasione il ministero ha dichiarato che non esistono, perché mai redatti, verbali sull'apertura e la conservazione dei plichi, né sulle sedute in cui si è svolta la valutazione delle offerte. «Circostanza questa piuttosto strana nelle gare ad evidenza pubblica - spiega una nota integrativa depositata dall'avvocato Filippo de Jorio - che dimostra la sussistenza di gravi anomalie, nonché di percorsi preferenziali e punitivi». C'è un precedente in questa vicenda, risale a 20 anni fa. A seguito di un'altra denuncia di Telestudio all'autorità giudiziaria per motivi analoghi, il 31 maggio 1993 la Procura di Roma eseguì il sequestro di tutti gli atti del ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni concernenti l'emittenza televisiva. Il 2 marzo 1994 venne poi concesso a Telestudio l'esercizio della radiodiffusione. A firmare il decreto fu la stessa dirigente responsabile della gara indetta il 5 settembre 2012. «Appare evidente non solo come il comportamento del ministero sia risalente nel tempo - conclude il professor de Jorio - ma anche come i soggetti gestori delle assegnazioni delle frequenze siano praticamente gli stessi da molti anni».

Valeria Di Corrado

tratto da: http://www.iltempo.it/mobile/cronache/2013/12/20/scoppia-la-bomba-delle-frequenze-tv-gara-sospetta-allo-sviluppo-economico-1.1200693
 

20 dicembre 2013
IL CONTRATTO
Ci viene segnalato l'invio da parte della Siae di un nuovo contratto con l'invito a restituirlo firmato all'agenzia territoriale che lo ha spedito.
A tutti i nostri iscritti abbiamo consigliato di inviare una lettera raccomandata dove si dice che l'impresa /associazione radiofonica (o televisiva) è pronta a sottoscrivere nuovi impegni, SOLO dopo che la Siae - come la legge prevede - avrà discusso le condizioni e l'entità dei compensi con l'associazione di categoria competente cui l'emittente è iscritta (in questo caso il Conna).

Nel frattempo, continuerà ad essere riconosciuto l'ultimo contratto stipulato ancora attivo o anche scaduto, senza variazioni di sorta.
Invitiamo i nostri associati a tenerci informati e a controllare la loro posizione agli effetti del  Conna: verificare in particolare se sono stati comunicati eventuali rivolgimenti amministrativi/societari e controllare che siano state versate le quote sociali simboliche degli ultimi due anni a favore della nostra associazione non profit.


18 dicembre 2013

LA STANGATA
Una colpo duro per l'Agcom in merito alla questione della numerazione dei canali LCN  sul telecomando. Una volta tanto il Consiglio di Stato ne ha fatto una giusta dopo tante sbagliate, commissariando l'Agcom per quanto riguarda la questione specifica.
E' una bella notizia perché ciò dimostra che l'Agcom non è invulnerabile come si crede, anche se non accessibile a tutti perché protetta da una barriera economica di 2000 euro da versare subito, da aggiungere alle spese di un avvocato, che impedisce l'impugnazione delle tante delibere che "l'autorità" erutta senza sosta: uno sbarramento economico indecente (che il Conna ha denunciato alla Corte dei Diritti dell'Uomo di  Strasburgo).
Il Consiglio di Stato quindi ha annullato la delibera dell'Agcom 237/2013 sulla numerazione dei canali specialmente quelli 8/9; la stangata è arrivata alla presidenza Cardani che continua a voler imporre la volontà del gruppo commissariale che costituisce una sintesi partitica espressione di grandi interessi.
Il Conna, al presidente poeta dilettante Corrado Calabrò,  aveva suggerito una possibile soluzione che richiedeva un tantino di coraggio che il Vate non riuscì a trovare, riaffermata in un documento consegnato quest'anno all'avvocato Maja Cappello: nulla da fare e da dire,  l'Agcom cieca e sorda ha preferito rischiare il commissario che puntualmente è arrivato.
La nostra proposta, che meritava lungimiranza e distacco dai centri di potere che sembrano ispirare l'Agcom è stata pubblicata sul numero di dicembre 2012 di Nuove Antenne. Quella che segue è la parte che riguardava LCN: 
 

 "La questione della numerazione automatica dei canali è destinata così come è stata impostata ad avere uno strascico giudiziario infinito, ma anche in questo caso – se non altro per compensare l’emittenza locale dallo strazio subito - la soluzione esiste ed è quella che segue.
 Fatto salvo che i primi tre numeri dei telecomandi (ma al limite anche uno solo) devono appartenere di diritto al servizio pubblico gestito dalla Rai che la stessa Consulta più volte ha inteso privilegiare rispetto alle organizzazioni private, i numeri seguenti composti da una cifra spetterebbero all’emittenza locale al servizio capillare dei cittadini sull’intero territorio nazionale.
 L’apparente paradosso rispetto alle dimensioni aziendali Reti nazionali/Locali, non è tale se si considera che
l’ascoltatore, pur di sintonizzarsi su di una emittente nazionale è sicuramente pronto a digitare anche due cifre, mentre non è disposto a fare altrettanto per le “locali” (come il crollo verticale degli ascolti di quest’ultimo anno ha dimostrato).
 Non adottando questo criterio si rischia di perpetuare l’antica tendenza a privilegiare le aziende rispetto alla loro dimensione e al peso politico che hanno che nel tempo può anche cambiare fino al fallimento nei casi più traumatici.
 E allora i numeri che vanno dall’uno al nove concessi incautamente diventerebbero merce di scambio disputata mediante l’offerta di somme astronomiche: un mercimonio cui l’Agcom non può prestarsi.
 Troppo semplici queste succinte note per le menti contorte e interessate ai loro soli affari che assillano il nostro Paese? In genere è normale in tutto il mondo partire da uno schema sano e imparziale per poi articolarlo nelle sue mille sfaccettature."

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