30 giugno 2019
NUOVE ANTENNE DI GIUGNO
Quanti ritengono sia utile leggere il
periodico della nostra associazione Nuove Antenne - compreso un articolo
sull'attuale situazione del dirìtto d'autore - basta cliccare
sull'immagine sottostante oppure
QUI.
29 giugno 2019
A TU PER TU
Una dopo l'altra le emittenti si stanno vendendo al miglior offerente;
resiste ancora qualche appassionato che in tempi ormai lontani aveva
scelto la Radio come compagna di vita, di lavoro, di attività politica,
di informazione alternativa a contrasto con quella del maintream
(giornali, reti nazionali televisive e radiofoniche) fondamentalmente
d'accordo fra di loro, anche in politica estera, non vergognandosi di
travisare, deformare, omettere notizie che permetterebbero ai cittadini
di capire meglio il mondo di violenza e prevaricazione in cui viviamo.
Anche Radio Andromeda, una antica radio nostra associata sta
chiudendo, un lutto per il mondo dell'informazione nonostante operi in un
piccolo centro Mola di Bari, proprio in una zona però dove tutta
l'informazione è abbandonata a giornali del luogo e alle Reti nazionali.
Ma come è potuta avvenire una catastrofe del genere che ha annullato e
calpestato la celebre sentenza n.202 che ammetteva nell'etere insieme
alla Rai a copertura nazionale quelle che operavano su porzioni del
territorio esattamente come dice la sentenza a "corto raggio"?
Principalmente per due ragioni: la prima, forse la meno importante, per
l'aggressività e la complicità di alcuni gruppi finanziari tra i quali
si distinguevano quello guidato da Silvio Berlusconi che ha potuto agire
in tutta tranquillità ben coperto dal Partito Socialista e dal PCI/PD
guidato da Walter Veltroni; la seconda ragione è quella della stupidità
di buona parte degli stessi operatori di radio e televisioni
che dopo una adesione in massa alla nostra associazione non profit
(circa 650 iscritti) ci fu un progressivo distacco a favore di alcune
associazioni che con la loro azione nefasta a puro carattere speculativo
hanno condotto l'emittenza locale all'autodistruzione.
Come associazione nazionale di carattere sindacale crediamo di aver
assolto al nostro compito (e tutt'ora lo stiamo facendo), lo dimostra il
nostro intervento sulle possibili provvidenze che se orientate
diversamente potrebbero ancora salvare qualcosa della piccola emittenza che
rimane.
Nell'intervento che segue trascritto parola per parola, si è invitato il
Governo e gli organi amministrativi dell'editoria a invertire la
tendenza di elargire soldi a pioggia di cui abitualmente sono
beneficiari i titolari di aziende che possono vantare un punteggio
elevato dovuto all'alto numero di dipendenti che in realtà non svolgono
mansioni radio tv, lasciando le briciole per gli "altri".
Questo vecchio sistema di elargire contributi fu adottato temendo la
reazione in massa dei mezzi di diffusione più potenti, evitando la
scelta dell'erogazione delle agevolazioni sui servizi di base ben
più importanti, tra i quali riduzione dei costi dell'energia elettrica,
dei telefoni, dei collegamenti da satellite, delle tariffe postali per
la stampa periodica, nonché l'eliminazione dell'obbligo di assumere
dipendenti e un solo referente per la percezione del diritto d'autore.
La registrazione audio/video a cura del Governo non è moto buona,
migliore è quella di Radio Radicale che si può vedere a questo
indirizzo:
https://www.radioradicale.it/scheda/577343/le-imprese-editoriali-nellera-di-internet-evoluzione-e-tenuta-del-sistema
Ecco quanto detto la mattina
del 20 giugno 2019 presso la sala polifunzionale della Presidenza del
Consiglio dal presidente del Coordinamento nazionale Conna Nuove
Antenne, associazione non profit fondata nel 1976, editrice
dal 1985 del periodico Nuove Antenne (autorizzazione n.. 25/1985 del
Tribunale di Roma).
Rappresento il
Coordinamento nazionale Nuove Antenne, una Associazione non profit che
edita un suo periodico mensile che esce regolarmente da 35 anni e
inizialmente parlerò soprattutto di radio e tv locali per meglio
collegarmi alle richieste della nostra associazione in senso generale.
Sono uno di quelli che credettero nella sentenza della Corte
costituzionale n.202 che togliendo il monopolio alla Rai sanciva la
legittimità dell'esistenza di piccole emittenti purché fossero a
corto raggio, riservando alla Concessionaria, che abbiamo sempre
considerato un elemento di socialità indispensabile, la diffusione
sull'intero territorio nazionale.
Volutamente, e per tanto tempo, non venne emanata una regolare legge,
affinché si creasse nell'etere uno stato di disordine del quale ne
avrebbero approfittato i più forti, una masnada di avventurieri che
condussero i loro affari a ruota libera impiantando illegalmente reti
televisive nazionali.
Una legge sull'emittenza si ebbe appena il 6 agosto del 1990 ed era
tanto di parte che fruttò il carcere per alcuni soggetti e le
dimissioni di ben otto ministri tra i quali Sergio Mattarella, l'attuale
capo dello Stato. Essa stabiliva che radio e televisioni locali a corto
raggio avrebbero avuto a disposizione il 70 per cento delle frequenze
utilizzabili; ridotte in seguito a un terzo, e in tempi recentissimi A
NULLA (notizia che abbiamo assunto fortunosamente perché Marco Bellezza,
l'attuale presidente del tavolo di discussione del Mise, ci ha esclusi
dal medesimo per non sentire voci dissenzienti).
Seguirono tutta una serie di vessazioni per le "locali" come
l'assunzione obbligatoria di dipendenti, quando nessuna legge che
riguarda l'industria, il commercio e l'agricoltura lo prevede, e il
rilascio abusivo da parte governativa di concessioni prive di valore in
assenza dei Piani regolatori di assegnazione delle frequenze: come se il
Demanio dicesse al conduttore di un stabilimento balneare: “da oggi
la spiaggia non è più TUA, la deve dividere con ALTRI".
Per l'emittenza fu il caos; quattro, cinque radio sulla medesima
frequenza tutte concessionarie e per giunta ingiustamente colpevolizzate
dal Ministero!
Altra grossa prepotenza fu che dopo 10 anni di distanza dal
rilascio delle “concessioni” giunse un altro durissimo colpo alla
logistica di radio e tv: venne abrogato l'articolo 4 della legge 223
detta di Mammì sulle norme urbanistiche, che definiva mezzi di “pubblica
utilità” tutte le concessionarie, imponendo ai Comuni l'identificazione
di appositi siti dove sistemare gli impianti di trasmissione.
A questo punto, dopo questa campionatura di esempi di violenza pura,
rivolgo alcune domande secche al Governo: cosa intende fare
dell'editoria di comunicazione locale?
Ritiene che essa sia un bene sociale o di investimento?
Esiste ancora uno spazio di rilancio in questa situazione di
concentrazione di grossi gruppi che infischiandosi della socialità e
della qualità delle trasmissioni acquistano altre emittenti perseguendo
un solo fine: guadagno e potere?
Immagino che i propositi di questo esecutivo siano buoni, ma non basta.
I governi che si sono succeduti hanno erogato contributi alle imprese
radio tv mediante graduatorie basate soprattutto sul personale impiegato
permettendo a grossi imprenditori di genere diverso di far figurare come
lavoratori radio e tv elementi che in effetti svolgevano tutt'altro
lavoro: essi hanno drenato la grandissima parte delle provvidenze
lasciando briciole per gli altri e briciolette per le radio comunitarie,
le più bisognose.
Non è serio per un governo procedere mediante somme e sommette a mo' di
contentino per sostenere un settore in grave difficoltà, ma dando la
priorità ai servizi, riducendo canoni e tasse; agevolando i costi
dell'energia elettrica, di Internet e linee dedicate nonché di due spazi
di trasmissione gratuiti per le “non profit” su ogni traliccio
consortile di trasmissione.
Il nostro giornale “non profit” autorizzato nel 1985 dal
Tribunale di Roma come periodico di “Informazione, cultura e
organizzazione” non ha mai fruito di aiuti sui costi della carta
quando poteva farlo; per un breve periodo ha ottenuto pubblicità da Enel
e da Alenia, interrotta subito dopo perché il Direttivo del Conna Nuove
Antenne, la ritenne potenzialmente condizionante.
Oggi però, siamo qui per pretendere – è la parola giusta – dopo il
percorso rabbioso inferto dai governi, che lo Stato si faccia carico
della libera circolazione delle idee di base da parte della stampa
libera impedita da un governo che rendendo in pratica la spedizione
postale impossibile riducendo al silenzio le voci scomode si meritò il
titolo apparso su Nuove Antenne del dicembre 2011 “L'ultima canagliata”.
Le esigenze che possano permettere alla stampa periodica di rifiorire
sono molto simili a quelle delle emittenti – telefoni, energia, e altro
– ma non basta; lo “sconto” postale per la stampa non è sufficiente così
come è stato stabilito: i piccoli editori devono aspirare alla totale
gratuità come portatori di idee, di “informazione, cultura,
organizzazione” e di tutto ciò che il Mainstream volutamente
ignora.
https://www.radioradicale.it/scheda/577343/le-imprese-editoriali-nellera-di-internet-evoluzione-e-tenuta-del-sistema
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