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01-05-2004 - Il futuro radiofonico italiano dopo la Gasparri - Ormai per la Gasparri dovrebbe essere cosa fatta. Il tanto sofferto Ddl Gasparri, alla fine, riesce dove aveva fallito l'utopico Ddl 1138, anche e soprattutto per una evidente maggiore decisione delle forse politiche di maggioranza. Nella sua positivizzazione nell'ordinamento giuridico, il Ddl Gasparri, seppur disegnato per finalità prevalentemente televisive (come per ogni norma di questo settore, del resto), crediamo sia destinato a destabilizzare anche alcuni sostanziali equilibri radiofonici.
Il primo scossone potrebbe essere relativo all'assetto dei grandi attori, la cui mutazione è probabile, con l'ingresso di player di alto rango.
Non crediamo siano una fortuita coincidenza i recentissimi proclami della Mondadori in concomitanza con il rush finale della Gasparri: il gruppo di Segrate ha reso infatti  noto di avere un certo interesse per l'estensione del proprio ruolo multimediale in FM (confermando segnali che da due o tre anni, o forse più, venivano raccolti dagli operatori).
Ciò in un momento storico in cui la disponibilità di qualche rete nazionale radiofonica in vendita non sembra mancare (per ora)... Il secondo assetto che potrebbe subire forti ripercussioni (per non dire un terremoto di alta scala) è quello delle syndication monodenominate, costrette dalla novella legislativa a frammentare la propria programmazione con marchi locali totalmente scollegati dal logo nazionale, con non indifferenti ricadute sulla percezione dell'ascoltatore finale e quindi sui dati d'ascolto e, a catena, sugli investimenti pubblicitari.
Terzo livello di destabilizzazione potrebbe essere quello delle maxi-locali (o superstation), a seguito di una più puntuale definizione dell'ambito diffusivo, anche se il limite dei 15 milioni di abitanti effettivamente raggiunti da ogni soggetto giuridico è così elevato da rendere quasi inesistenti coloro che potrebbero di fatto superarlo (stanti gli attuali dimensionamenti degli operatori interessati).
Chi, paradossalmente, sembra cadere in piedi, con una legge palesemente interessata ai grandi numeri, sono invece le piccolissime emittenti locali commerciali, alle quali, grazie all'innalzamento del tetto pubblicitario offerto alle radio comunitarie, si apre una via di fuga dai fortissimi impegni della L. 66/01. Si ricorderà infatti che, in base alla L. 5/00, è da tempo consentito agli operatori titolari di stazioni di radiodiffusione sonora operanti in ambito locale di ottenere che la concessione precedentemente conseguita a carattere commerciale sia trasferita ad un nuovo soggetto avente i requisiti di emittente comunitaria (associazione, società cooperativa, ecc.). Orbene, godendo delle modifiche introdotte dalla Gasparri ai tetti pubblicitari della Mammì, le comunitarie possono trasmettere spot in una percentuale tale da garantirsi una dignitosa sopravvivenza sul mercato, senza obblighi di dipendenti, sicché molte  minuscole"commerciali" potrebbero ora trovare d'interesse la variazione del proprio status concessorio. (NL)